domenica 5 agosto 2012

Scuole dell'infanzia:
metà contributi alle famiglie   

 Tempi durissimi per le scuole paritarie.
Conti alla mano, gli istituti di formazione ed educativi non statali, il prossimo anno, dovrebbero poter beneficiare di contributi pari al 52 per cento di quanto fino a ora percepito.
Il bilancio pluriennale dello stato, infatti, prevede per il 2013 un’erogazione di 278.903.293 euro, poco più della metà quindi dei 510.880.192 euro elargiti nel 2012.
Una vera e propria mazzata che metterebbe in ginocchio un numero elevatissimo di scuole, in particolare in una realtà come quella veneta, dove la maggior parte delle materne, ad esempio,  è appunto paritaria.

«Se questi dati saranno confermati – spiega Ugo Lessio, presidente regionale della Fism, la federazione che raccoglie le scuole materne – per un numero significativo di istituti non resterà che la strada della chiusura. A meno che non si accetti di portare le rette per ogni singolo bambino a livelli (più o meno intorno ai 250 euro al mese) assolutamente insopportabili per le famiglie».
Il Veneto è la regione italiana che ha la maggiore presenza di scuole dell’infanzia non statali: le frequentano due bambini su tre.
Complessivamente le scuole dell’infanzia in regione sono circa 1.750 e accolgono 140 mila bimbi dai 3 ai 6 anni.
Le statali, nel 2010, erano 570, con 46.148 bambini, pari al 32,9 per cento della popolazione scolastica; 1.183 le paritarie, con 93.802 bambini che rappresentano il 67,1 per cento del totale.
Come si sostengono queste scuole?     
Con i contributi pubblici (stato, regione, comune) e con le rette.
«La preoccupazione, la sofferenza e l’irritazione dei gestori e delle famiglie – commenta Ugo Lessio – sta nel fatto che è saltato un equilibrio che durava da qualche anno: fino al 2004, il rapporto tra i contributi pubblici e la retta della famiglia era di 50/50, cioè metà del costo di gestione della scuola veniva coperto dai contributi dello stato, della regione e del comune, e metà dalla famiglia; nel 2011 il rapporto è profondamente cambiato a danno dei genitori che devono sostenere il 63 per cento del costo, mentre i contributi pubblici rappresentano il 37 per cento. In termini assoluti la retta del 2004 rispetto a quella del 2011 è esattamente raddoppiata.  È la peggiore delle condizioni – quella di aumentare costantemente – per una scuola che si definisce di comunità, quindi popolare, voluta e sostenuta dalle istituzioni e dalle comunità locali. È bene ricordare anche che, nel Veneto, numerose di queste scuole si sono fatte carico di svolgere servizi di accoglienza per la prima infanzia: ben 307 scuole gestiscono nidi, con quasi settemila bambini dai 12 ai 36 mesi».
«Dalle notizie in nostro possesso – continua il presidente – al momento non ci sono margini di trattativa sui futuri stanziamenti, nonostante le molte pressioni che stanno arrivando da più parti al governo. L’esecutivo sembra deciso a non cedere, non rendendosi conto che non è un problema di dare dei quattrini a qualcuno, quanto piuttosto di mantenere in vita un sistema educativo che con i tagli rischia il collasso.
L’unica speranza è che, a settembre, in occasione degli assestamenti normativi legati alla legge di stabilità, possano essere rivisti i conti».

Lo scorso anno la regione ha stanziato per le scuole dell’infanzia venete un contributo ordinario di 14 milioni e mezzo di euro, distribuiti tra i 93.627 alunni, a cui s’è aggiunta un’ulteriore somma straordinaria di 500 mila euro, per un totale di 15 milioni di euro; a questi si deve poi aggiungere un milione e mezzo di euro per i 645 alunni disabili. Insomma, per ogni piccolo alunno l’importo medio annuo di contributi è di circa 178 euro.

Vi è poi il problema dei nidi, di cui si fa carico soltanto le regione. Nel 2012 il Veneto ha dato 17,5 milioni di euro (più altri 1,7 di contributo straordinario) per un totale di 19,2 milioni (827 euro per bambino all’anno). Questo per quanto riguarda le scuole per i più piccoli (circa il 72 per cento delle paritarie), poi vi è il problema degli altri istituti.
«Indubbiamente i tagli che si prospettano sono pesanti. Ma soprattutto è inaccettabile la continua precarietà nella quale siamo chiamati a operare. Non sappiamo mai su quanto realmente possiamo contare e soprattutto vi è un imperdonabile ritardo nei bandi e nelle assegnazioni» commenta Virginia Kaladich della Fidae (federazione istituti di attività educative).
Toni Grossi

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